Ti spezzo ma non mi piego
Lei non sa chi sono io!
Quando aumentano le distanze fra i luoghi della nostra coscienza ci sembra di muoverci su una barchetta che va alla deriva sull’onda del desiderio e che non riesce a collocarsi in nessun posto.
Ci sentiamo a disagio e il nostro unico desiderio diventa quello di annullare il senso di separatezza, che ci spinge lontano dalla vita e da noi stessi, per ritrovare quel porto sicuro dove tutto è uno. A dire il vero per lunghissimo tempo vaghiamo da un approdo all’altro senza essere troppo turbati dalla precarietà del viaggio e dalla discontinuità della navigazione: ciò che importa è non essere sopraffatti e avere la meglio sulle circostanze, per garantirci la sopravvivenza.
Solo dopo aver molto sperimentato e sofferto gli effetti del nostro agire sorgono in noi nuove domande e nuove necessità, cominciamo a sentire non più il desiderio di andare e di allontanarci ma di tornare e unificare tutte le rotte, per trovare quell’appagamento che prima cercavamo all’esterno e che ora aneliamo come pace interiore.
Come una vela mossa dai flutti e dai venti in mare aperto si accorge un bel momento di poter disporre in sé di una energia nuova per solcare le onde, così arriva un momento in cui noi cominciamo a dedicarci alla cura degli strumenti sensibili capaci di rispondere in modo nuovo all’ambiente circostante, applicando saggiamente la volontà diretta a uno scopo.
A questo punto, attraverso il desiderio, che in ultima analisi è desiderio di vivere e fare esperienza, cerchiamo soddisfazione oltre i piaceri materiali e sensoriali della personalità (già consumati) e attraiamo ciò che è più immateriale ma meglio asseconda la nostra evoluzione. Infatti l’impulso al contatto con ciò che è ignoto o lontano* (prima fuori e poi dentro) è insito nell’autocoscienza e nell’evoluzione umana e conduce progressivamente a svelare infine il regno di Dio in noi stessi.
E’ proprio questa scoperta che, dopo aver vagato da un desiderio all’altro, ci porta ad abbandonare le vie traverse e frammentarie del piacere e del dolore per operare sempre più dal centro della nostra Anima, godendo dei frutti della conquistata integrità. Ci accorgiamo dunque che il desiderio è l’aspetto magnetico dell’energia di amore, la forza che attira a sé l’esperienza necessaria a evolvere, è il principio di coesione capace di mutare l’ignoranza in conoscenza e di manifestare infine l’unità di tutte le forme.
L’effetto che ne deriva è la capacità di organizzare e dirigere le nostre energie per unire e non per dividere, per guarire e non per ferire, per amare e non per odiare. Vuol dire anche coordinare, integrare ed equilibrare tutti gli aspetti illusoriamente separati della nostra esistenza in una unità di coscienza tesa a servire la vita stessa.
Il desiderio ci conduce perciò a identificarci prima nei vari corpi della personalità, poi in una unità vivente i cui veicoli sono integrati tra loro e infine nella luce dell’Angelo Solare che estingue quella della materia e che consacra se stesso alla realizzazione del Piano Divino sulla Terra, che è Amore in azione. “Meta di qualsiasi sviluppo è sempre l’integrazione – come personalità – con l’anima, con la Gerarchia, con il Tutto, sino all’unione e all’identità perfette. ” …. “L’integrità comporta un punto focale, tensione ed espressione (realizzata all’istante, generata in modo consapevole e usata con dinamismo)”*.
La Scienza esoterica offre sei Regole che riguardano l’applicazione dell’integrità ai processi di guarigione. Offre pure dieci Leggi, che in realtà non sono che aspetti secondari di una sola Legge di integrità essenziale. Impossibile conseguire l’integrità desiderata se l’esperienza quotidiana non si radica nella meditazione e non fruttifica nel bene comune.
* La luce dell’Anima – Patanjali, libro IV sutra 10
* Trattato dei 7 raggi – Alice A. Bailey, volume quarto- par. 126-524
Per approfondire l’argomento vi rimandiamo alle pubblicazioni della Draco Edizioni https://www.yogavitaesalute.it/draco-edizioni/
Giovanna Spinelli