
L’essere umano e i diversi tipi di yoga

Brihadaranyaka Upanishad
L’etimologia del termine Upanishad, letteralmente “sedersi accanto o ai piedi”, fa riferimento agli insegnamenti trasmessi dal maestro ai discepoli.
L’identificazione con la nostra personalità limitata, affollata di pensieri, trascinata da desideri e da passioni, è in realtà un’illusione: riconoscerlo significa andare al di là della sofferenza e della morte. Questa è il messaggio, l’invito, la preghiera delle Upanishad:
Dall’irreale conducimi al reale!
Dall’oscurità conducimi alla luce!
Dalla morte conducimi all’immortalità!
(Brihadaranyaka Up.)
Certo il linguaggio è arcaico, la lettura a volte pesante, i riferimenti spesso incomprensibili.
La domanda è quasi inevitabile: “Perché dovremmo leggere le Upanishad?”
Nelle Upanishad le domande hanno un ruolo fondamentale: quasi sempre il racconto inizia con una domanda, domande vengono poste dai vari protagonisti, una Upanishad si intitola Prashna, “domanda”, un’altra Kena “come? da chi?”.
Per l’Antica Saggezza gli Yoga che favoriscono l’allineamento della coscienza umana sono: Karma Yoga, Hata Yoga, Laya Yoga, Bhakti Yoga, Jnana Yoga e Raja Yoga, perché le domande sono l’autentica espressione della ricerca interiore. Naturalmente le domande non devono essere animate da sola curiosità intellettuale perché in tal caso rappresentano un ostacolo e la conoscenza diventa opinione, un sapere esclusivamente razionale.
“Il pensiero stesso è il mondo del samsara,
questo pensiero ci si deve sforzare di purificare:
si diviene ciò che si pensa
questo è l’eterno segreto”
(Maitri Up.)
Chissà che non capiti anche a noi di trovare, in questi antichi testi, una risposta alle nostre domande.
Iniziamo allora con l’inquadrare il tema; nei prossimi articoli spigoleremo qua e là.
L’etimologia del termine Upanishad, letteralmente “sedersi accanto o ai piedi”, fa riferimento agli insegnamenti trasmessi dal maestro ai discepoli, seduti presso di lui in luogo più basso in segno di rispetto.
Il termine sta anche a indicare gli insegnamenti mistici, mantenuti segreti e trasmessi per secoli solo oralmente a una ristretta cerchia di iniziati, nonché il modo di accostarsi alla conoscenza della realtà ultima: un tranquillo, attento sedere in meditazione.
Le Upanishad appartengono ai Veda (dalla radice vid “so perché ho visto”, con riferimento alle visioni avute in meditazione dai rishi, gli antichi saggi). I Veda sono costituiti da quattro gruppi di scritti: Rigveda, raccolta di inni, Samaveda, raccolta di melodie, Yajurveda, raccolta di formule sacrificali e Atharvaveda, raccolta di formule magiche. Ciascun gruppo è a sua volta costituito di quattro tipi di testi: Samhita, inni, preghiere, mantra, Brahmana, testi rituali, Aranyaka, “testi della foresta” da meditarsi in solitudine, e Upanishad, che costituiscono il cosiddetto Vedanta, “fine dei Veda”, la cui elaborazione filosofica è rappresentata dal darshana Uttara Mimansa o, appunto, Vedanta.
Le Upanishad antiche e medie sono convenzionalmente 108 ( in realtà ve ne sono molte di più in quanto, sulla base del loro contenuto mistico, sono stati così denominati anche testi recenti), numero sacro in India, auspicio di vittoria sugli ostacoli; di tutte, le più importanti sono una decina.
Il periodo di compilazione delle Upanishad canoniche è compreso fra l’800 e il 200 a.C.; sono anonime, redatte in prosa e le più recenti in versi; la lingua è il sanscrito, che è l’alfabeto sacro.
Considerate dottrine esoteriche in quanto riservate a una cerchia limitata di ricercatori spirituali, questa limitazione però non riguarda una casta, pur se solo gli asceti e i monaci possono consacrarsi liberamente alla ricerca spirituale in quanto liberi da doveri sociali: infatti i maestri e i discepoli delle Upanishad appartengono a ogni condizione di vita, età, professione e sono sia uomini sia donne.
Gli elementi fondamentali della dottrina upanishadica sono fondamentalmente tre:
– la natura del karma: non più solo il sacrificio, come inteso nei Veda, ma ogni atto umano, pensiero, sentimento, azione e le sue conseguenze, di cui l’uomo è responsabile:
– l’identità di Atman e Brahman, il sé individuale e lo Spirito universale:
– il rapporto fra l’Assoluto e il mondo oggettivo, che di quello è manifestazione, illusoriamente inteso come molteplice ( maya ).
Il tema centrale è la conoscenza, condizione necessaria, come si diceva, per la liberazione dalla sofferenza umana attraverso il riconoscimento della propria vera natura.
“Egli è tutto quello che fu e che sarà,
Egli è l’eterno;
Colui che lo conosce supera la morte,
Nessun’altra via conduce alla liberazione.”
(Kaivalya Up.)
Per approfondire l’argomento vi invitiamo a seguire la sezione “Scienza dello Yoga” a questa pagina web: https://www.yogavitaesalute.it/categoria/scienza-dello-yoga/ all’interno del portale della consapevolezza Yoga, Vita e Salute.
Anna Shabalin