
La Parabola dei Talenti, Matteo 25: 14-30 – seconda parte

Libro Fondamenti e tecniche della meditazione
Vedremo come il portare l’attenzione al proprio vero Sé, passando dalla percezione limitata del sé inferiore a ciò viene chiamato Sentiero Iniziatico.
Abbiamo visto come “alzare gli occhi al cielo”, cioè spostare l’attenzione dai propri attaccamenti (istinti, desideri e pensieri egoistici) al proprio vero Sé, porti alla scoperta e alla costruzione del corpo causale, il primo dei corpi “spirituali”. Questo passaggio dall’identificarsi con la percezione limitata del sé inferiore a ciò che veramente siamo viene chiamato “Sentiero Iniziatico”. E’ quella transizione che le Upanisad descrivono come il passare “dall’irreale al reale, dal buio alla luce e dalla morte all’immortalità”. Il passaggio è graduale, avviene attraverso una serie ben precisa di passi che qui cercherò di riassumere nel modo più sintetico possibile.
L’umanità media è sul “sentiero del dolore”, cioè attratta solo dai propri desideri non vede la perfezione della vita e non conosce la legge di causa ed effetto, non capisce che l’egoismo produce egoismo e che tutto ciò che ottiene in modo egoistico prima o poi le verrà tolto allo stesso modo.
La vita è scandita da momenti di felicità, generalmente legati al soddisfacimento di qualche desiderio, alternati a momenti di sofferenza che proviamo quando non otteniamo l’oggetto del desiderio, oppure quando lo perdiamo, o addirittura anche solo per la paura di perdere ciò che già abbiamo. La sofferenza è un’ottima molla che spinge l’uomo ad agire per cercare uscirne in qualche modo. Ed è attraverso l’azione finalizzata che l’uomo cresce in esperienza e conoscenza, anche se con tempi molto lunghi. A un certo punto, stanco di inseguire desideri che non danno la vera felicità, l’uomo inizia a cercare “qualcosa d’altro”.
Comincia a sentire che la felicità non la può trovare nel mondo limitato e limitante della materia e così, invece che cercare di soddisfare i propri desideri orizzontalmente (nei piani della materia), inizia ad alzare gli occhi al cielo e il desiderio si trasforma in aspirazione… l’uomo diventa un “aspirante”. L’aspirante è colui che non sa ancora bene cosa cerca, ma ha raggiunto un livello di coscienza tale che lo ha portato in contatto con qualcosa che “sente” essere la sua meta. Da quel momento in poi il suo desiderio è di raggiungere la meta, il proprio vero Sé.
Casualmente troverà un volantino Atman/Energheia (o al giorno d’oggi troverà il portale di Yoga, Vita e Salute), oppure un qualsiasi altro mezzo che sarà la strada giusta per lui per intraprendere questo viaggio. L’aspirante certamente è ancora attratto potentemente dal sé inferiore, ma comincia ad avere una mente abbastanza sviluppata ed autonoma, che ha la forza di riuscire a volgersi saltuariamente verso l’alto e percepire i piani superiori di coscienza. E più vi porta l’attenzione e più viene attratto dalla dimensione spirituale e più la mente si libera, mentre contemporaneamente viene sempre meno risucchiato dai vortici della personalità.
Inizierà un percorso di trasformazione consapevole che lo porterà a sentire più chiaramente i propri limiti attuali, perché non si può cambiare ciò che non si conosce, ma soprattutto troverà gli strumenti adeguati per superarli. Con il tempo la materia che compone la sua aura si raffina ulteriormente, l’aura si espande e arriva a toccare quello che viene definito il piano delle cause, il piano al di la del velo di Maya che è la vera causa della sofferenza umana. Finalmente lo può percepire, ancora non lo padroneggia, non ha ancora costruito il corpo causale, però inizia a vedere/sentire le dimensioni più sottili di cui aveva sentito parlare, e così l’aspirante diventa un “discepolo”.
Discepolo è colui che ha visto il piano causale, lo può percepire in un qualche modo, ma non è ancora un iniziato, quindi non è ancora “nato” completamente su quel piano. La caratteristica del discepolo è che avendo percezione di cosa lo attende, la sua meta diventa finalmente chiara e procede dritto come una freccia scoccata. Sa quello che vuole, sa che il suo vero Sé è vicino e utilizza tutti gli strumenti a sua disposizione per varcare la soglia dell’iniziazione.
Ricordo quando in “eteroscopia” ho visto per la prima volta un aspirante diventare discepolo: ero lì che cercavo di guardare i suoi chakra quando all’improvviso ho visto la persona come se fosse un angelo, ma la cosa che mi colpiva di più era il fatto che aveva il busto in un cielo azzurro e limpido, mentre la parte inferiore del corpo era immersa dentro le nuvole.
Avete presente il panorama che si vede dall’aereo quando volate sopra le nuvole? Ecco, la persona per metà era sopra le nuvole ma l’altra metà vi era ancora immersa.. Io mi dicevo “ma cosa c’entra questo? Io devo concentrarmi sui chakra!!!” E più cercavo di concentrarmi sui chakra e più questa forma diventava nitida… cosa mi voleva dire? Allora ho abbandonato i chakra e ho “ascoltato” la visione, finché ho capito che la persona era “in parte” uscita dal velo di maya ed era sbucata nel piano causale: puro, limpido, trasparente, dove tutto è chiaro ed evidente; lì non esiste illusione.
Però evidentemente la persona non era ancora un iniziato, altrimenti sarebbe nata completamente sul piano causale (vedremo più avanti le iniziazioni), era allo stadio precedente all’iniziazione definito appunto “discepolato”. Essendo la prima volta che vedevo una cosa del genere non mi fidavo molto della percezione e ho contattato il mio Maestro, il quale ha confermato la cosa. Questo per dire che le distinzioni aspirante, discepolo, iniziato e Maestro, non sono elucubrazioni mentali di qualche filosofo o fanatico religioso, ma sono stati di coscienza concreti, percepibili da chiunque abbia la possibilità di vedere le auree.
Questo è il percorso che precede il sentiero iniziatico, del quale parleremo nei prossimi articoli…
Per leggere la seconda parte di questo articolo vi rimando al link: https://www.yogavitaesalute.it/sentiero-iniziatico-seconda-parte/
Roberto Rovatti
Le immagini presenti in questo articolo sono:
- Il volo dell’anima in forma di uccello, rifacimento di un’illustrazione tratta dal Libro egiziano dei morti
- Illustrazione di Gustave Doré del verso dantesco «I’ son Beatrice che ti faccio andare!» (inferno canto II, v. 70)