Il Natale e i suoi simboli – prima parte
La nascita nella grotta
Il Natale coincide con un periodo dell’anno dove l’archetipo dell’amore può essere meglio compreso. La nascita a Betlemme è l’obiettivo di ogni essere umano.
Il Bambino Gesù circonfuso di luce bianco-dorata, rappresenta la manifestazione della Scintilla Divina che si incarna progressivamente nella nostra coscienza, espandendo la luce nella nostra personalità.
Giuseppe e Maria, il principio maschile e femminile, Yin e Yang, le due polarità con cui dobbiamo confrontarci e lavorare per la nascita di qualsiasi cosa, sia un bambino, un oggetto, un’idea, un’emozione, un capolavoro, anche una coscienza spirituale. Confronto, integrazione, creazione.
Legge valida su tutti i piani della Realtà e per tutti i livelli d’espressione. Qui Maria rappresenta le energie spirituali che scendono dall’alto, Giuseppe lo sforzo umano, prometeico, che deve adempiersi come fondamento necessario per il compimento del Magnum Opus.
L’Immacolata Concezione indica da un canto che l’anima di Gesù si incarna liberamente, quindi immacolata, e non per necessità evolutive personali. E che inoltre il sorgere della coscienza spirituale in noi implica forze e processi psichici, non fisici. Non abbiamo difficoltà a vedere la Grotta come il centro psico-spirituale del cuore attraverso cui, come un prisma con la luce, le energie superiori possano irradiarsi e circolare in tutto il nostro essere.
Se non è stato fattibile per Maria partorire negli “alberghi locali”, lo si deve al fatto che non è possibile per la Luce manifestarsi ove preoccupazioni e desideri mondani non lasciano spazio ad altro. Laddove invece, sia pure in condizioni al limite delle possibilità umane, si crea un’accoglienza di cuore, avviene il miracolo della Natività.
Ebbene, per questo miracolo è necessaria anche la presenza degli animali, delle passioni animali, che non possono e non devono essere represse, ma messe al servizio delle energie superiori. Il Bue e l’asino rappresentano rispettivamente l’energia sessuale e la testardaggine dell’ego umano, che opportunamente integrate e trasmutate divengono motore creativo della vita, forza di volontà e determinazione.
Tipi diversi di personalità sono attratti dalla scena della Natività: agli estremi troviamo gli umili pastori, che riconoscono l’evento ma non lo comprendono. Simboleggiano il tipo intuitivo e mistico. E sul versante opposto i Tre Re Magi, che invece vogliono e devono passare attraverso tutti gli studi e le esperienze per giungere alla comprensione della Verità Suprema.
Sono il tipo faustiano di uomini, che non demordono nella loro ricerca, anche se possono correre il rischio, come il Faust goethiano, di smarrirsi nei labirinti della mente. A meno che, come i tre grandi maghi-sacerdoti, non siano guidati alla meta da una stella-cometa. Luce primordiale di un’anima-coscienza che spinge verso la giusta direzione, alla fine del percorso diviene un pentagramma, una stella a cinque punte simbolo dell’anima perfezionata, che ai quattro elementi trasfigurati (terra, acqua, fuoco, aria), aggiunge il punto culmine della raggiunta spiritualità.
I Tre Magi simboleggiano ancora le tre facoltà regali della psiche, la Volontà, il Pensiero e il Sentimento, che devono operare in armonia e integrarsi ai fini di una creazione e di una realizzazione. I loro doni archetipici, Oro, Incenso e Mirra, rappresentano rispettivamente la regalità della conoscenza, il profumo inebriante del sentimento-devozione, la forza della volontà e dello spirito di sacrificio. Nel rituale del Segno della Croce si simbolizzano e si ipostatizzano queste dinamiche archetipiche, come ho illustrato in altra sede.
Solo il meglio dei nostri doni, i più elevati, può consentire alle energie superiori di lavorare attraverso di noi per spiritualizzare la materia (Rubedo).
Altre presenze aleggiano intorno alla scena della Natività. Le energie angeliche onnipresenti raffigurano la circolazione ininterrotta di flussi energetici superiori fra il sé e l’io, fra il superconscio e il conscio, accendendo di luce i nostri centri psico-spirituali. Il loro inno (Gloria in excelsis Deo), non è solo un canto devozionale e di ringraziamento, come ingenuamente si crede, ma soprattutto l’appagante riconoscimento di una Luce e di uno Splendore che brillano sempre nei piani più alti della Creazione, e che è possibile riversare anche nei cuori degli uomini (Gloria Dei vivens homo) solo che essi siano animati da pace e volontà di bene (…et in terra pax hominibus bonae voluntatis).
L’Albero di Natale è un altro meraviglioso simbolo di questo risveglio dell’anima, che in particolare ci svela il lavoro che individualmente dobbiamo compiere per giungere a questo risultato. Corrisponde, e non facciamo fatica a riconoscerlo, all’ “Albero della Vita” , con i suoi centri psico-spirituali (CHAKRAS) e le loro connessioni, atte a disegnare la mappa della nostra anatomia e fisiologia sottile.
Se l’albero è spoglio, è come se i nostri centri fossero dormienti, senza circolazione di luce. Ecco, adesso mettiamo l’albero in un angolo della nostra casa e gli facciamo spazio (consideriamo “la nostra semenza”, come nell’epifonema dell’Ulisse dantesco), e gli dedichiamo cura e attenzione. Lo decoriamo, accendiamo le lucine, poniamo la fulgente Stella a cinque punte sulla sua cima.
Proiettiamo così a livello esteriore il simbolo di un lavoro che va fatto interiormente. Purifichiamo e abbelliamo il nostro corpo, accendiamo ed attiviamo progressivamente dal basso verso l’alto i suoi centri psico-spirituali, realizzandoci alla fine come esseri umani perfezionati e segnati dal pentagramma. E nei mondi interiori splendiamo come tali.
Avete provato a compiere la messa in posa e la decorazione di un albero di Natale con la sacralità che impone una siffatta consapevolezza, piuttosto che per abitudine, per usanza, per moda? Ci passa tutta la differenza che corre tra una vita degna di nota e una grigia e anonima.
Una tale profusione di luce che dal Cielo discende sulla terra, durante il tempo di Natale, è di per se stessa il più grande dei doni, cui nessun essere umano, anche il più duro di cuore, può restare indifferente. Così anche gli uomini, al loro livello, e con toni e sfumature diverse, sentono l’impulso di scambiarsi doni e auguri. Espressione sul piano terreno di una munificenza celeste che ci riguarda tutti, ma che si esprime in ciascuno di noi a seconda dello spazio che interiormente siamo in grado di riservarle.
Ognuno vive quindi il suo “Natale personale”, quello che gli appartiene, che si è conquistato, che si merita. Tuttavia questa considerazione non deve farci pensare necessariamente ad un lavoro intriso di sofferenza e fatica. Le quali sono però necessarie nella misura in cui abbiamo smarrito il senso profondo delle cose, e ci tocca allora di ritrovarlo.
Altrimenti, come dice ancora Silesius “Essere puri, che cos’è? Non t’interrogare a lungo; esci, sono i fiori silenziosi che te lo diranno”. Un fiore sul prato che generosamente dispensa la sua bellezza e il suo profumo non è di per se stesso un inno di lode al suo Creatore? Forse “Il canto dell’uccello e il mormorio del mare sono diversi da un continuo servizio divino”? (T. Dethlefsen).
Bibliografia: Lo sviluppo dell’uomo nuovo – (Peter Roche de Coppens) – Ed. L’Età dell’Acquario –
Il destino come scelta (psicologia esoterica) – T. Dethlefsen – Ed. Mediterranee
Per leggere la prima parte vi rimandiamo a questo link: https://www.yogavitaesalute.it/il-natale-simboli-prima-parte/
Giorgio Minardo