Il Pantheon Induista – Gli Avatara di Vishnu
Purna Yoga
Le Dee del pantheon induista, pur se con nomi diversi derivanti da dee locali e popolari, sono tutte aspetti della Madre del Mondo, Shakti, l’energia primordiale.
All’inizio fu la natura, la terra nutrice, ad essere percepita come sacra. La Terra diventò poi la Madre di ogni forma di vita, la Grande Antenata, onnipotente e omnipervadente. In epoche preistoriche la venerazione della Dea come essere supremo pare sia stato universalmente diffuso, prima che le società patriarcali ponessero un dio maschile al vertice della gerarchia divina.
Nella religione sacerdotale vedica, l’importanza delle dee è secondaria: sono manifestazioni della natura, divinità fluviali, dee della fertilità, personificazioni del rituale vedico, spose degli dei. Nel periodo post-vedico, il culto della dea ha una rivalutazione, assumendo un nuovo significato: diventa Mahadevi, la Grande Dea, materna e accogliente o sanguinosa guerriera.
E’ Shakti, potenza, energia, prakriti, materia, maya, l’illusione che vela la realtà, sorgente, sostegno e fine di ogni esistenza e vita. Shakti è l’energia cosmica di Shiva, la potenza creatrice, dinamica e attiva. Shiva, concepito come coscienza stabile e immobile (il Purusha del Samkhya) può svilupparsi e realizzarsi solo attraverso Mahadevi, l’energia che incarna la volontà cosmica di essere (la Prakriti del Samkhya). E’ l’energia senza la quale la divinità maschile è un corpo senza vita: Shiva senza Shakti è shava (cadavere).
In un lungo arco di tempo, la Grande Devi ha assorbito in sé divinità locali, dai nomi e dalle funzioni diverse, con caratteristiche contrastanti, aspetti benevoli o distruttivi: Durga, Kali, Sarasvati, Parvati, Uma, Sitala, Gauri, Annapurna, tutte le dee sono a lei riconducibili, tutte a lei assimilabili, aspetti diversi dell’unica madre del mondo. Personalità complessa, la Devi è ora amorevole e accogliente, apportatrice di fortuna e di vita, ora crudele e distruttiva, apportatrice di malattie e fame, causa di passioni.
A volte Mahadevi è chiamata Mahalakshmi, la grande Lakshmi, protagonista del mito della creazione del mondo dal vortice del mare di latte, incarnazione dell’abbondanza della primordiale madre di ogni forma di vita. Incarna nei suoi vari aspetti i tre Guna, le qualità della materia, con ciò esprimendo l’inizio e la fine di ogni cosa: la luce e l’intelligenza di sattva si esprimono in Sarasvati e Vishnu, l’inerzia e l’oscurità di tamas trovano espressione in Mahakali e Rudra, l’energia e l’attività di rajas in Lakshmi e Hiranyagarba.
Alcuni cenni sulle tante luci di un prisma.
Originariamente oggetto di un culto popolare, poi conferito nel Brahmanesimo, venerata in tutta l’India, Durga “la poco accessibile / difficile da espugnare”, è una dea guerriera, maestosa e bellissima, apportatrice di vita o di distruzione. Protettrice degli uomini, che difende contro i demoni, pur se nel culto popolare è considerata compagna di Shiva e sorella di Vishnu, è una dea indipendente che, a cavallo di un leone o di una tigre, seduce i nemici attirandoli nella battaglia fatale.
Kali, “la Nera”, di aspetto terrificante, ornata di una collana di teschi, selvaggia e distruttiva, è espressione delle forze oscure e crudeli presenti nella natura e nell’uomo. Come Mahakali, impersona il tempo (kala) che tutto crea e tutto distrugge. Nata, secondo un mito, dalla fronte di Durga che manifestava ira feroce nella lotta contro i demoni, Kali riempì il mondo con le sue urla e fece tremare i nemici.
Sarasvati, originariamente dea dell’omonimo fiume poi prosciugato, è considerata la madre dei Veda, dea dei canti religiosi, della musica e del linguaggio, creatrice dei mantra.
Ganga, narra il mito che un tempo la terra era arida, ostile alla vita. I rishi, saggi semidei che vivevano sull’Himalaya, pregarono allora la dea Ganga, fiume sacro che scorreva nel cielo verso la luna e le stelle, di scendere sulla terra. Ganga, per amore degli uomini, mutò il suo corso volgendolo verso l’Himalaya. La sua grande massa d’acqua rischiava però di devastare la terra; allora Shiva, il grande asceta del monte Meru, la accolse fra i suoi capelli che riuscirono a incanalarla, consentendole di scorrere tranquilla dall’Himalaya nella valle dell’India, benedicendo la terra e facendovi rifiorire la vita. Il sacro fiume Gange, che scorreva dai capelli di Shiva, si suddivise poi nei sette fiumi indiani, nei quali vengono venerate altrettante dee.
Anna Shabalin
Per approfondire questo e altri argomenti vi rimandiamo alla sezione Scienza dello Yoga all’interno del portale della consapevolezza Yoga, Vita e Salute.